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Catania, al Policlinico il primo centro per l’embolizzazione della prostata

L’innovativo approccio è offerto dalla collaborazione  multidisciplinare tra l’Unità Operativa Complessa di Urologia del  “Rodolico” diretta da Sebastiano Cimino

Nasce nell’Azienda Ospedaliero Universitaria Policlinico “G. Rodolico  – San Marco” diretta da Gaetano Sirna, il primo centro in città per il  trattamento multidisciplinare mininvasivo percutaneo dell’Iperplasia  prostatica benigna (IPB).

L’IPB è una condizione clinica determinata dall’aumento volumetrico  della ghiandola prostatica che si verifica negli uomini dopo i 50 anni
di età, con una sintomatologia ostruttiva ed irritativa del basso  tratto urinario, tra cui mitto ipovalido, pollachiuria, nicturia,
senso d’incompleto svuotamento vescicale, ecc.

L’innovativo approccio è offerto dalla collaborazione  multidisciplinare tra l’Unità Operativa Complessa di Urologia del  “Rodolico” diretta da Sebastiano Cimino che per questo progetto si  avvale in particolare del lavoro dell’urologo Salvo Virgillito, e  l’UOC di Radiologia diretta da Antonello Basile, il quale in questa  procedura è coadiuvato dal radiologo Francesco Vacirca, sempre nel  presidio di via Santa Sofia.

La procedura radiologico-interventistica, attuata in anestesia locale,  consiste nell’embolizzazione della prostata attraverso l’occlusione  delle arterie prostatiche, la conseguente riduzione del volume della  ghiandola e il successivo miglioramento del flusso urinario.

“La tecnica –spiegano i direttori Cimino e Basile- prevede una piccola  incisione cutanea nella coscia e l’introduzione di un microcatetere 
nell’arteria femorale. Dalla sonda radioguidata sino alle arterie  prostatiche, viene iniettato idrogel o alcool che determina  l’occlusione dei vasi e il successivo minor apporto di sangue nella  ghiandola. Il risultato è il significativo decremento volumetrico di  quest’ultima e il netto positivo cambiamento della qualità di vita del paziente”.

“Nell’IPB –aggiungono- dopo la valutazione urologica del paziente  volta da un lato ad escludere altri quadri patologici, dall’altro a 
determinare il grado di incremento volumetrico della ghiandola e la  severità dei sintomi ad esso associati, il trattamento resta  inizialmente di tipo medico-farmacologico. In particolar modo  rappresentato da α-litici, inibitori della 5-α reduttasi. Tuttavia,  nei casi più sintomatici e non responsivi alla terapia medica, la  chirurgia resta l’opzione più valida”.

Attualmente il trattamento chirurgico dispone di diverse tecniche, più  o meno invasive, tra cui quelle endoscopiche, laser, laparoscopiche –  robotiche e, infine, la chirurgia open.

“Con l’embolizzazione prostatica si compie un significativo passo in  avanti –concludono i professionisti- poiché essa rappresenta una  procedura sicuramente da preferire per la sua scarsa invasività. La  tecnica è indicata soprattutto in quei pazienti con diverse comorbidità, in quelli con severe turbe della coagulazione, ad alto  rischio anestesiologico, con prostate voluminose (superiori ad 80 gr),  o in pazienti avanti con l’età, con volontà di mantenimento della  funzione sessuale (eiaculazione anterograda)”.


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