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Alloggi delle forze dell’ Ordine a Librino, ventisei famiglie ancora a rischio sfratto

Il Sunia: “Pronti a chiedere i danni alla Regione. Assegnatari chiedono nuovi alloggi e intanto vivono in condizioni pessime”.

Le ventisei famiglie catanesi di altrettanti appartenenti alle forze dell’Ordine  e assegnatarie degli alloggi in viale Bummacaro 3 a Catania, rischiano di essere sfrattate da un momento all’altro. L’interlocuzione  con la Regione è cessata quasi del tutto ma a seguito di brevi scambi del sindacato degli inquilini con i funzionari, il tentativo appare ora  quello di riversare la responsabilità sulle famiglie che non pagano l’affitto. Ma i fatti sono ben altri: non è mai stato comunicato né il conto corrente e neppure l’importo esatto delle somme da versare; somme che vanno ricalcolate secondo principi scaturiti dalla Cassazione in una sentenza emessa nel 2022 nell’ambito di un  contenzioso tra la Regione e gli assegnatari. Il ricalcolo va applicato lungo gli ultimi dieci anni e in certi casi, è probabile che scatteranno persino dei rimborsi. Eppure nulla si muove. E intanto la Regione siciliana paga a vuoto da dieci anni 18 mila euro al mese.

A fare il punto sul caso che si complica ogni anno che passa, stamattina, nel saloncino al primo piano della Cgil di Catania, sono state le segretarie, rispettivamente del Sunia di  Catania e del Sunia Sicilia, Agata Palazzolo e Giusi Milazzo, affiancate dalla legale del sindacato, l’avvocata Laura Distefano e da un rappresentante degli assegnatari, il signor Paolo Maglia, anche lui appartenente alle Forze dell’Ordine.

Le famiglie assegnatarie sono stanche; alcune hanno abbandonato la loro casa, altre vivono in condizioni pessime e in uno stato di precarietà insostenibile. Quell’immobile doveva rappresentare l’icona della legalità nel quartiere, il simbolo della legge, la prova che le istituzioni quel luogo non l’avevano mai abbandonato. E invece oggi ci chiediamo a chi interessa il mantenimento di questo stato di cose che persiste da ben 9 anni- dicono Giusi Milazzo e Agata Palazzolo- Ci chiediamo se ci sia interesse a non chiudere una scandalosa vicenda denunciata nel 2014 che ha mostrato e mostra le  inadempienze della Regione e che ha creato e continua a creare un pesante danno erariale oltre che un enorme danno sociale”.

Un po’ di storia degli alloggi di via Bummacaro 3 – La storia degli alloggi destinati alle famiglie delle forze dell’Ordine è lunga.  Il Sunia definisce l’intera vicenda “scandalosa”.  L’ immobile, fino a qualche anno fa di proprietà della Regione Siciliana, venne costruito in forza di una legge regionale del 31/12/85 n. 54 che prevedeva un poderoso stanziamento  per la costruzione d’immobili, da edificare in luoghi ritenuti strategici, e da assegnare alle forze dell’ordine impegnate nella complessa lotta contro la mafia.

Basandosi su questa legge, la Regione Sicilia aveva commissionato  alla ditta Fasano Costruzioni SRL, la realizzazione di 60 appartamenti, 60 cantine e 60 garage, che vennero acquistati tramite regolare  contratto di compravendita il 13 luglio del 1988. L’immobile venne realizzato a Librino al viale Bummacaro n 3, e gli appartamenti furono assegnati  dal 1988, data di acquisto da parte della Regione Sicilia, alle forze dell’ordine e dunque ai Carabinieri, ai militari della Guardia di Finanza, agenti di Polizia, tramite regolare concorso e una trasparente graduatoria. Quasi per caso, nel 2013  il Sunia venne a conoscenza del fatto che la Fasano Costruzioni aveva citato in giudizio la Regione Siciliana chiedendo la risoluzione del contratto di compravendita, e dunque la restituzione dell’immobile, a causa del mancato pagamento di una parte del prezzo pattuito. La Regione infatti non aveva mai versato gli ultimi 445.749,30 euro che corrispondono a circa il 15% dell’importo totale.

La Regione venne dunque condannata con sentenza del Febbraio 2013, alla restituzione dell’immobile e al pagamento di 1.600.000 euro, che corrisponde al “lucro mancato”. I funzionari allora competenti non hanno attivato la procedura per la proposizione dell’appello e quindi i termini prefissati per legge per l’impugnazione sono decorsi nell’inerzia della Regione, precludendo in modo definitivo la possibilità di ribaltare il primo grado di giudizio.

Facendo un rapido calcolo la Regione, per non aver corrisposto una cifra esigua pari a 450.000 euro, perdette l’intero valore dell’immobile che si attesta secondo i valori del mercato attuali sui 3.000.000 di euro, e venne inoltre condannata al pagamento di 1 milione e 600 mila euro, più 18.000 euro per ogni mese di ritardo nella restituzione dei locali dal Febbraio 2013; a queste somme vanno poi aggiunte le spese legali per un totale che al giorno d’oggi si attesta ben oltre i 10 milioni di euro, una cifra enorme rispetto all’insolvenza di 450.000 euro che ha portato la Regione Siciliana a perdere la proprietà dell’immobile, senza considerare il lucro cessante derivante dai 100.000 euro l’anno, che sempre la Regione non percepirà più dagli affitti futuri.

Lo stato dell’arte –  “Questo è stato il trattamento riservato a persone che hanno servito e difeso lo Stato,  persone costrette a vivere in condizioni precarie in alloggi poco sicuri nonostante molti abbiano versato per anni l’affitto alla Regione. Negli anni l’interlocuzione con la Regione è quasi cessata del tutto e in un occasionale incontro con i funzionari e i dirigenti delegati dal  Presidente della Regione  si è cercato di far ricadere la responsabilità delle enormi somme che la Regione continua a sborsare sulle famiglie responsabili, a loro dire, di non versare i canoni di affitto. – spiega l’avvocata Distefano- Una tesi, questa, da respingere del tutto. Accadde che la Regione, in maniera tardiva, comunicò nel 2014 che i canoni non dovevano essere ad essa versati, perché così stabiliva il dispositivo della sentenza. Cautelativamente furono bloccati i pagamenti.  Più di una volta abbiamo chiesto a nome dei nostri assistiti di trovare una soluzione  per il versamento  dei canoni, ma non abbiamo mai ottenuto risposta. Siamo in  possesso della documentazione ufficiale che descrive bene, nel tempo, la continua richiesta di una risposta – ancora mai arrivata – al problema del versamento canoni. Canoni che vanno comunque calcolati non rispetto ai vecchi prezzi dell’equo canone ma rispetto ai nuovi, e più tollerabili, canoni sociali di affitto. Nel 2020 venne eseguito anche un sequestro con tanto di nomina di un custode. Siamo nel 2023 e attendo ancora che ci inviino una pec non le coordinate di pagamento. Adesso, se non saranno garantiti gli alloggi, siamo costretti a  chiedere un oneroso, per la Regione e dunque per la collettività, risarcimento dei danni”.

Conclude Paolo Maglia,  assegnatario che ha seguito da vicino la vertenza affiancato dal Sunia: “Viviamo un’ assurda condizione a metà tra gli aventi diritto ad una casa come da concorso vinto a suo tempo, e l’essere abusivi. È uno stato di cose che non ci piace. Avevamo chiesto con forza l’assegnazione di nuovi appartamenti sfruttando, ad esempio, l’opportunità degli immobili sottratti alla mafia. Gli ultimi sono stati assegnati ai carabinieri della Caserma di Misterbianco. Siamo rimasti a guardare anche stavolta. Gli appartamenti di Librino non sono mai stati oggetto di manutenzione da 30 anni a questa parte, mancano gli ascensori e sono necessari lavori riguardanti la struttura stessa degli edifici.  Ma adesso chiediamo di essere trattati con dignità”.


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