“Gli anni ’20 saranno profondamente diversi dai due decenni precedenti, ma non sappiamo ancora come saranno. Dopo la crisi della pandemia, stiamo salutando un mondo e andiamo incontro a un periodo ricco di possibilità ma anche di preoccupazioni, di grande fluidità, cambiamenti e shock epocali. Per questo, mai come in questo momento, è indispensabile discutere per condividere un’idea stessa del futuro che vogliamo per il nostro Paese”. È l’appello finale che il prof. Gianfranco Viesti, docente di Economia internazionale nell’Università di Bari, ha lanciato nel corso dell’ultima giornata del Festival delle Istituzioni, la grande kermesse di ‘riflessioni a voce alta’ promossa dalla Scuola Superiore di Catania e dalla società editrice “Il Mulino”.
Domenica pomeriggio, nell’odeion ‘Fiorenza Bonfiglio’ di Villa San Saverio, lo studioso pugliese, autore del fortunato volume «Centri e periferie: Europa, Italia, Mezzogiorno dal XX al XXI secolo» (Laterza 2021), è stato uno dei protagonisti del dibattito su “Istituzioni e mercati: ripartire dai territori”, insieme con la prof.ssa Paola De Vivo, docente di Sociologia economica e Politiche per lo sviluppo territoriale presso l’Università di Napoli Federico II. Al centro delle riflessioni dei due esperti, moderati dall’ex allievo della Ssc Cristoforo Grasso, inevitabilmente la sfida del Pnrr che però vede l’Italia presentarsi ai nastri di partenza con alcuni ‘handicap’.
“Il nostro Paese cambia non se c’è un Mario Draghi alla presidenza del Consiglio – ha chiosato il prof. Viesti -, bensì se c’è una partecipazione collettiva alla costruzione delle strategie: il Piano di ripresa e resilienza è stato scritto però interamente dal governo, senza che vi sia stato un dialogo preparatorio né una qualunque concertazione. Tuttavia, chi deve attuarlo sono anche i territori, nello specifico quelle amministrazioni locali che negli ultimi trent’anni sono state impoverite per risorse e competenze, chiamate a mettersi in gioco attraverso bandi competitivi per assicurarsi opere decise da altri. Di fatto, il Pnrr ci ha colti impreparati: possiamo attingere a quasi 300 miliardi, a fronte dei 28 chiesti dalla Germania, ma, a causa della progressiva ridotta capacità della politica di pensarsi nel futuro, oltre alle sacrosante e scontate transizioni verde e digitale, non abbiamo proposto alcuna strategia”.
“I tempi sono molto stretti, visto che tutto dovrà essere realizzato entro il 2026 – ha aggiunto la prof.ssa De Vivo -. Per non sprecare questa occasione epocale, dovremmo adesso concentrarci sui contenuti, riportando in prima linea le questioni meridionale e italiana e assicurando un coordinamento di politiche industriali, del lavoro e della formazione universitaria, sull’efficacia della governance interistituzionale adottata e soprattutto garantire, al di là di ogni retorica, obiettivi di inclusione soprattutto dei giovani e delle donne”.
Prima della chiusura con i saluti del presidente della Ssc Daniele Malfitana, della rappresentante de “Il Mulino” Daniela Bonato e dei coordinatori delle classi della Ssc Adriana Di Stefano e Giuseppe Angilella, l’attenzione del pubblico è stata catturata dall’applauditissima ‘lectio magistralis’ del prof. Gianfranco Pacchioni, accademico dei Lincei e docente di Chimica all’Università di Milano-Bicocca, che ha ripercorso le tappe dei più significativi cambiamenti prodotti nella società umana, dal punto di vista della qualità della vita e dei costumi sociali, dai progressi della scienza e della tecnologia, dimostrando però che al giorno d’oggi società e istituzioni faticano a stare al passo delle innovazioni del presente.
“Conoscenza, consapevolezza e controllo sono le risposte, a fronte di vortiginose trasformazioni nel nostro modo di vivere, di essere e persino di pensare – ha concluso Pacchioni -. È compito della politica, è compito di cittadini che siano sempre più informati e consapevoli e non si lascino travolgere dagli slogan delle pseudo-scienze, è responsabilità anche di una scienza che sia sempre più in grado di comunicare attraverso la ‘dissemination’ e la sensibilizzazione. Se ciò non avviene, andiamo incontro a un futuro che vedrà gravissime divaricazioni sociali, con un’élite di Tecno-sapiens, sempre più ricchi e potenti, e una sterminata massa di Vetero-sapiens, desueti e condannati alla marginalità”.
La manifestazione si è conclusa al cinema Odeon con l’attore Ascanio Celestini che ha parlato dei documenti e delle testimonianze raccolte per realizzare il suo spettacolo “Museo Pasolini”, allestito per il centenario della nascita dello scrittore e regista bolognese, in un incontro condotto dalla prof.ssa Simona Scattina, docente di Discipline dello spettacolo al Disum.
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