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Catania, la stagione del Teatro ABC si apre nel segno di Verga. Da venerdì 3 novembre, Enrico Guarneri e Nadia De Luca in “Storia di una capinera”

Lo spettacolo, una nuova importante produzione firmata Progetto Teatrando, debutterà venerdì 3 novembre, alle 21, per poi essere replicato sabato 4 (ore 17.30 e 21), domenica 5 (ore 18), venerdì 10 (ore 21), sabato 11 (ore 17.30 e 21) e domenica 12 novembre (ore 18)

Si apre ancora una volta nel segno dei capolavori verghiani la stagione di prosa “Turi Ferro” al Teatro ABC di Catania. Dopo “La roba”, opera di debutto del cartellone 2022-2023, e gli adattamenti de “I Malavoglia” e “Mastro don Gesualdo”, Guglielmo Ferro firma la regia di “Storia di una capinera”, con Enrico Guarneri e Nadia De Luca nei ruoli di Giuseppe Vizzini e della figlia Maria, protagonisti del romanzo epistolare scritto da Verga tra il giugno e il luglio 1869, durante il suo soggiorno a Firenze.

Lo spettacolo, una nuova importante produzione firmata Progetto Teatrando, debutterà venerdì 3 novembre, alle 21, per poi essere replicato sabato 4 (ore 17.30 e 21), domenica 5 (ore 18), venerdì 10 (ore 21), sabato 11 (ore 17.30 e 21) e domenica 12 novembre (ore 18). Nel cast la partecipazione straordinaria di Emanuela Muni e, in ordine alfabetico, Rosario Marco Amato, Verdiana Barbagallo, Federica Breci, Alessandra Falci, Elisa Franco, Loredana Marino e Liborio Natali. Le scene sono firmate da Salvo Manciagli; i costumi della Sartoria Pipi. Regista collaboratore è Giampaolo Romania.

“Ecco perché l’ho intitolata Storia di una capinera – così Giovanni Verga introduce il suo romanzo epistolare – una di quelle intime storie, che passano inosservate tutti i giorni, storia di un cuore tenero, timido, che aveva amato e pianto e pregato senza osare di far scorgere le sue lagrime o di far sentire la sua preghiera, che infine si era chiuso nel suo dolore ed era morto”.

“Storia di una capinera – sottolinea Guglielmo Ferro – è la passionale narrazione della novizia Maria che attraverso la mia messinscena trova una nuova codifica della struttura drammaturgica del romanzo per fare emergere il rigido impianto culturale e umano delle famiglie dell’epoca.

Perché se Maria è vittima, non lo è dell’amore peccaminoso per Nino che fa vacillare la sua vocazione, ma lo è del vero peccatore ‘verghiano’ che è il padre Giuseppe Vizzini”.

Giuseppe che, rimasto vedovo, manda in convento a soli sette anni la primogenita, condannandola all’infelicità.  Un uomo che per amore, paura e rispetto delle convenzioni causa a Maria la morte del corpo e dello spirito. È sul drammatico rapporto padre figlia, sui loro dubbi e tormenti che si mette in scena la storia della capinera.

“Il mio – racconta Enrico Guarneri – è un personaggio schiavo della propria epoca, che per proteggere e salvaguardare la figlia dalle cattiverie del mondo decide di mandarla in convento. Una decisione che da un lato lo rassicura, ma dall’altro lo fa vivere tra sensi di colpa, rimorsi di coscienza e pentimento”.

La stanza del convento è il centro della scena, Maria non esce da quella prigione, e il padre Giuseppe ne è il carceriere. Entrambi dolorosamente vittime e carnefici.

“Ogni evento che deflagra nella mente di Maria – aggiunge Guglielmo Ferro – ogni personaggio altro che scardina il viaggio del noviziato di Maria, sono gli elementi drammaturgici per sviscerare il dramma interiore di un padre che finisce per uccidere la figlia. È il racconto di legami infelici, di dinamiche familiari per noi oggi impossibili da immaginare ma che Verga racconta con l’inesorabilità di una condanna. Con Progetto Teatrando, nel meraviglioso percorso teatrale attraverso i capolavori verghiani approdiamo all’atto finale, “Storia di una capinera”, scegliendo la versione più violenta e disperata della scrittura di Giovanni Verga. Non c’è redenzione per Maria – conclude Ferro – non c’è redenzione per il padre Giuseppe, e nemmeno per noi. Perché la redenzione non appartiene alla Sicilia di Verga”.


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