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Migranti. Il vescovo di Catania: “basta morti, prendiamocene cura”

"Prendiamoci cura della nostra città, tutti, perché il nobile nome di cittadini che risuona al passaggio di Sant'Agata, sia confermato dalla coscienza pura di chi dice che ha fatto tutto il possibile per la sua città"

“Nel cuore dell’estate facciamo memoria della traslazione delle reliquie di sant’ Agata e chiediamo al Signore, per intercessione della nostra Martire, ogni bene per la nostra città e per l’umanità intera”: così l’arcivescovo di Catania, Luigi Renna durante la messa per la celebrazione di Sant’Agata d’Agosto patrona di Catania nel 897esimo anno del ritorno a Catania delle spoglie della martire.

L’arcivescovo si è soffermato sui problemi del mondo, non ultimo quello dell’immigrazione: “È questo un momento storico in cui l’umanità è ferita da mali che la fanno sanguinare: la guerra in Ucraina che imperversa da molti mesi, la morte di molti migranti che cercano di raggiungere l’Europa su mezzi di fortuna, il cambiamento climatico che costringe ad una revisione degli stili di vita e di sicurezza. Tali emergenze richiedono che come Pietro ci prendiamo cura di ciò che Dio ci ha affidato, i nostri fratelli e il creato. Ma oggi vogliamo volgere lo sguardo alla nostra Catania, consapevoli delle sue ferite e con la fiducia che il Signore si prende cura di lei. Noi sentiamo Sant’ Agata come una sorella maggiore che ha fede in Dio quando confessa che ha come medico il Signore Gesù, e guardiamo a San Pietro, a colui che guarisce nel nome di Cristo: costui è un modello da imitare, non per riporre fiducia solo nelle forze, ma in quelle interiori che ci vengono dalla fede, dalla speranza e che si traducono in carità”.

Il presule ha poi spiegato che “prenderci cura: di noi stessi, delle relazioni familiari, delle relazioni sociali” non è una “forma di narcisismo, ma di attenzione al nostro rapporto con Dio e di vigilanza sui nostri sentimenti, perché siano sempre animati da fede e da carità, mai da un amore smodato del proprio “io” che diviene egoismo e inquina le migliori intenzioni: un filosofo contemporaneo ha affermato che l’uomo non è un essere che ha cura, ma che è cura, perché la cura è anzitutto un modo di essere”.

Il vescovo Renna ha poi parlato della “cura degli altri” è soprattutto rivolta a coloro verso i quali abbiamo delle responsabilità di primo piano, i nostri familiari: “A volte vediamo deturpate le relazioni con forme di violenza che ci fanno chiedere se sono state messe in atto da cristiani ed essere umani: sono le forme estreme che scaturiscono ad esempio in minacce e percosse verso la propria moglie, in femminicidio, uxoricidio, omicidio di una persona con la quale si stava vivendo una relazione che con leggerezza si chiama amore. No, quello non è amore: è violenza e va denunciata”.

Quindi la cura della vita sociale: “È una quanto mai necessaria in una città che ha vissuto molte emergenze e criticità. Credo che le situazioni di disagio delle settimane di fine luglio ci insegnino anzitutto l’umiltà di chi sa anche chiedere scusa in ciò che non può funzionare o addirittura è imprevedibile. Ma occorre recuperare anche una dimensione sociale da recuperare, che è quella della partecipazione, del sentire la Città come propria”.

“Sogniamo un modo diverso di amare la città: amare i beni di tutti è una forma di carità sociale. Non diciamo mai ‘siamo in Sicilia’, lasciamoci alle spalle quei passaggi del noto romanzo ‘Il Gattopardo’ con quella espressione rassegnata del Principe di Salina al delegato del governo piemontese: ‘Il sonno, caro Chevalleyè ciò che i siciliani vogliono’. No: i siciliani vogliono la qualità della vita e hanno smentito quella frase, con i loro Pino Puglisi, Rosario Livatino, Piersanti Mattarella, Pippo Fava e Biagio Conte”. Così l’arcivescovo di Catania, Luigi Renna, in un passaggio dell’omelia per la festa della traslazione della Patrona della città.

Sono gli esempi – ha detto Renna – del prendersi cura, sono la vera immagine della Sicilia, non quella degli stereotipi che creano alibi. Sono quelli a cui voi giovani soprattutto, chiamati dal Papa a Lisbona a brillare della luce del Cristo, siete chiamati a ispirarvi. Prendiamoci cura della nostra città, tutti, perché il nobile nome di ‘cittadini’ che risuona al passaggio di Sant’Agata, sia confermato dalla coscienza pura di chi dice che ha fatto tutto il possibile per la sua città e perciò può gridare: ‘Viva Sant’Agata’. Vogliamo essere insieme buoni cittadini e devoti di Sant’Agata, mai una sola cosa senza l’altra”.


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