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Paternò, convalidato il fermo del 36enne accusato di aver ucciso un connazionale

Dalle testimonianze raccolte è risultato che la vittima aveva raccontato in giro di “avere problemi di lavoro” poiché l'accusato, che era il suo capo “non lo pagava”

Issam Lahmidi è rimasto nella cella del carcere di San Vittore e non si è presentato davanti al gip per l’udienza di convalida del fermo per omicidio di Mohamed Mouna commesso il 4 febbraio alla periferia di Paternò, nel Catanese. Il 36enne marocchino è stato catturato la mattina del 6 febbraio alla stazione Centrale di Milano mentre cercava di prendere un treno diretto a Ventimiglia.

I fatti da cui trae origine il provvedimento precautelare si sono verificati nel pomeriggio del 4 febbraio scorso, alle 14 circa, nell’area parcheggio di un distributore di benzina di via Giovanni Verga, nella periferia sud di Paternò, dove il fermato, probabilmente su appuntamento, avrebbe incontrato il giovane straniero, accoltellandolo all’improvviso al petto e al fianco dopo un’accesa discussione, per poi fuggire via a bordo di uno scooter.

Proprio la prima coltellata sarebbe stata letale per il ragazzo che, dopo alcuni passi, in un ultimo disperato tentativo di scappare dal suo aggressore, si è accasciato a terra al centro di Via Verga di Paternò.

L’omicidio non è rimasto a lungo celato, poiché dopo pochi minuti, alcuni passanti si sono accorti del cadavere riverso a terra, segnalando l’accaduto al 112. Immediate a quel punto le indagini da parte dei Carabinieri della Compagnia di Paternò i quali, coordinati dal Sostituto Procuratore della Repubblica di Catania Dott.ssa Magda Guarnaccia, hanno subito battuto palmo a palmo la scena del crimine, alla ricerca di testimoni ed immagini degli impianti di videosorveglianza presenti nella zona, avviando, contestualmente, le necessarie attività investigative di natura tecnica e quelle inerenti al sopralluogo, svolte dalla Sezione Investigazioni Scientifiche del Nucleo Investigativo di Catania.

In tale contesto, al temine di un ininterrotto sforzo investigativo, i Carabinieri di Paternò, in meno di 48 ore, sarebbero riusciti a chiudere il cerchio attorno al presunto responsabile.

In particolare, al termine di un’articolata indagine a 360° su tutti gli aspetti relazionali della vittima, che ha altresì coinvolto il mondo della raccolta degli agrumi nel paternese, setacciando sia l’insediamento denominato “Ciappe Bianche” – una tendopoli nelle campagne alle porte di Paternò che ospita circa 300 migranti impiegati nella raccolta agrumicola – che la comunità rumena di Paternò, i militari, in una fase del procedimento in cui non si è ancora realizzato il contraddittorio con la difesa, avrebbero individuato il presunto autore del cruento omicidio, che si è reso sin da subito irreperibile.

Parallelamente alle attività d’indagine, è quindi scattata una complessa ed ininterrotta “caccia all’uomo”, che è stato dapprima localizzato nel territorio campano, per poi proseguire verso l’Italia settentrionale, fino a quando, nella serata del 5 febbraio non è giunto a Milano.

A quel punto sono stati chiamati in causa, in supporto, i militari del nucleo investigativo di Milano, che seguendo le indicazioni “in tempo reale” fornite dai Carabinieri del nucleo operativo della Compagnia di Paternò, capaci di monitorare costantemente tutti i movimenti del fuggitivo, verso ora di pranzo del 6 febbraio, hanno rintracciato e catturato il presunto omicida alla stazione centrale di Milano. In particolare, l’uomo è stato fermato al binario 20, mentre attendeva di prendere, da lì a 10 minuti, un treno diretto a Ventimiglia, col chiaro l’intento di lasciare l’Italia per recarsi in Francia attraverso quel confine.

Proprio riguardo le ultime fasi della cattura, il Lahmidi, accortosi dei Carabinieri, avrebbe inutilmente cercato di nascondersi tra la folla in attesa sul binario, ammettendo infine di essere il ricercato non appena è stato materialmente bloccato. A ulteriore conferma che si trattasse proprio di lui, anche l’aver ancora indossato gli stessi vestiti che portava durante l’omicidio, immortalati dal sistema di videosorveglianza del distributore.

Allo stato degli atti, le indagini condotte avrebbero permesso di accertare che all’origine dell’omicidio, vi sarebbe una questione legata ad un debito, che l’assassino avrebbe avuto nei confronti della vittima, per questioni di lavoro.

Alla luce delle rilevanti e concordanti risultanze investigative, questa Autorità Giudiziaria ha, quindi, emesso il provvedimento di fermo a carico dell’uomo, il quale è stato tradotto nella casa circondariale di Milano San Vittore.


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