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Sfruttamento del lavoro nero, sospensione dell’attività di impresa per un imprenditore agricolo

Avrebbe corrisposto loro una retribuzione irrisoria (circa 200 euro a fronte dei mille previsti dai contratti nazionali e territoriali). Inoltre, in più occasioni li avrebbe costretti a consegnargli somme di denaro, complessivamente pari a 8.000 euro circa, con il pretesto di doverli utilizzare per ottenere la loro regolarizzazione

Nella mattinata di ieri, su disposizione della Procura Distrettuale della Repubblica di Catania, i Carabinieri del locale Nucleo Ispettorato del Lavoro, supportati dai militari della Compagnia Carabinieri di Paternò, davano esecuzione all’Ordinanza del Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Catania di applicazione della misura interdittiva della sospensione dall’esercizio dell’attività di impresa per un anno nei confronti di un imprenditore agricolo di Ragalna, di 56 anni, titolare di una azienda agricola, ritenuto responsabile di sfruttamento del lavoro (art. 603 bis c.p.) ed estorsione (art. 629 c.p.) in danno dei propri dipendenti.

Le attività investigative coordinate dalla Procura della Repubblica – nell’attuale fase del procedimento, in cui non si è pienamente realizzato il contraddittorio con le parti –  hanno consentito di acquisire elementi tali da far ritenere che l’imprenditore, che nell’esercizio della propria azienda agricola impiegava quattro dipendenti stranieri di nazionalità marocchina, avrebbe impiegato gli stessi in condizioni di sfruttamento, corrispondendo loro una retribuzione irrisoria (pari a solo 150-200 euro mensili a fronte dei 1.000 previsti dai contratti collettivi nazionali e territoriali), costringendoli altresì a  svolgere turni di lavoro estenuanti, senza il riconoscimento di ferie, riposi settimanali ed indennità accessorie e comunque in violazione di ogni regola in materia di sicurezza ed igiene sui luoghi di lavoro.

Inoltre, in più occasioni li avrebbe costretti a consegnargli somme di denaro, complessivamente pari a 8.000 euro circa, con il pretesto di doverli utilizzare per ottenere la loro regolarizzazione mediante l’attivazione della pratica di emersione del lavoro irregolare presso la locale Prefettura, minacciandoli di licenziamento o di non inoltrare la predetta richiesta di regolarizzazione, qualora tali somme gli fossero negate.

L’indagine è scaturita dalla denuncia dei quattro cittadini marocchini dipendenti dall’imprenditore, sostenuti dall’Organizzazione O.I.M. (Organizzazione Internazionale per le Migrazioni) – Progetto DI.AGR.AMMI SUD, finanziato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, sulle cui dichiarazioni hanno avuto origine gli accertamenti a riscontro da parte dei militari dell’Arma.

Durante le perquisizioni delegate da questo Ufficio sui terreni di pertinenza della citata azienda agricola, siti in Ramacca e Paternò, il personale operante individuava altri sei lavoratori dei quali quattro in nero con riferimento alla posizione dei quali l’imprenditore veniva ulteriormente segnalato.


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